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2023/02/24

C’E’ DEL MARCIO (PURTROPPO) ANCHE IN EUROPA


Pochi anno saputo (la censura sulla notizia è stata quasi totale) che nei giorni scorsi il New York Times ha denunciato la Commissione Europea per non aver reso pubblico lo scambio di messaggi tra la presidente Ursula von der Leyen, e il CEO di Pfizer Albert Bourla, relativi al contratto che ha portato all'acquisto del vaccino Covid da parte dell’Europa.

Il quotidiano (di solito citatissimo ogni volta che parla male di Trump e dei repubblicani, sempre ripreso in TV e sui giornali italiani) sostiene che la Commissione aveva l'obbligo di rendere pubblici i messaggi, in nome della trasparenza, visto che hanno portato ad un contratto per miliardi (non milioni!) di euro.

Le accuse alla Von der Leyen per il suo rapporto privilegiato con Pfizer (il cui vaccino è costato all’ Europa 10 VOLTE di più rispetto ad AstraZeneca) risalgono ad aprile del 2021, quando il New York Times, sulla scorta di un'inchiesta di neztpolitik.org, rivelò che i due avevano trattato direttamente tra loro tramite “chiamate e sms” una fornitura di 1,8 miliardi di dosi di vaccino anti Covid. Da qui l’intervento della mediatrice europea,

Emily O’Reilly (la “mediatrice europea” è la garante sulla trasparenza delle operazioni della Commissione Europea), che invano ha chiesto di avere accesso alle conversazioni confidenziali. La Commissione tramite la ceca Vera Jourovà – commissaria alla trasparenza - aveva spiegato che i messaggi potevano essere stati cancellati, a causa della loro "natura effimera". (bel modo di fare inchieste…)

Nella vicenda si è ora inserito anche il Parlamento europeo con molti eurodeputati che hanno chiesto alla Von der Leyen e a Bourla di comparire in audizione, ma finora nessuno dei due ha accettato di farlo.

Lo scorso ottobre, la Procura europea aveva annunciato di avere aperto un'inchiesta sull'acquisto dei vaccini anti Covid dopo che una relazione della Corte dei conti dell'Ue aveva sollevato non poche perplessità sulla gestione della trattativa tra Bruxelles e Pfizer.

La presidente UE avrebbe infatti trattato personalmente con la casa farmaceutica senza neppure coinvolgere il gruppo negoziale in cui sono rappresentati gli Stati, rifiutandosi inoltre di rispondere alle richieste di chiarimento della Corte.

E’ inammissibile che una politica “tratti in proprio” questioni di questo tipo, soprattutto quando è tuttora senza risposta l’altra indagine sul coinvolgimento di Heiko von der Leyen (il marito della presidente!) in un progetto di ricerca sui vaccini a mRna, la tecnologia usata dalla tedesca BioNTech e da Pfizer per il loro farmaco contro il Covid.

Il progetto è finanziato anche dall'Italia con 320 milioni di euro provenienti dal Pnrr (cioè lo paghiamo tutti) e prevede la partecipazione della società biotech statunitense Orgenesis, di cui Heiko von der Leyen era direttore scientifico. Dopo le polemiche, il marito della leader Ue si è dimesso dall'incarico all'interno del progetto, ma resta aperta la questione di un pagamento esorbitante a Pfizer per i vaccini se poi vengono pagate dalla UE anche le ricerche scientifiche.

Ma queste non vi sembrano notizie importanti e degne di dibattito? Eppure il “Corriere della Sera” non mi risulta abbia pubblicato una riga, così come molti altri quotidiani italiani, a parte “La Verità” che dei vaccini ne ha fatto una campagna quotidiana. Ursula è santa per definizione, ma mi sembra che invece ci sia davvero del possibile marcio a Bruxelles a livello anche di Commissione (ovvero di governo) e dovremmo cominciare tutti a farci delle domande su forniture, vaccini, armi, gestione delle risorse che fanno impallidire perfino il “Qatargate”. "

2017/07/21

Le mozzarelle...



I fatti li conoscono tutti, più o meno, una storia di ordinaria corruzione italica. Niente di cui parlarne in realtà visto che questi episodi sono all'ordine del giorno nel bel paese, senonché in quel periodo io lavoravo per il gruppo Salini-Impregilo e Piersandro Tagliabue era il mio "capo" funzionale.

Ricordo che quando venni assunto a Parigi, fui istruito da Pier Sandro con particolare attenzione al rispetto, alla correttezza nei confronti di tutte le parti, in definitiva non dovevano esistere inciuci. Con i fatti di poi posso solo pensare amaramente da che pulpito veniva la predica.

Io li ho conosciuti quasi tutti, il mio trascursus in Salini Impregilo è disegnato in venticinque anni di frequentazione non continuativa. Entrai in Salini la prima volta nel 1992, poi nel 2009, nel 2014 e infine nel 2016 alla cui fine sono definitivamente uscito. Un ciclo si era concluso. 

Non ho mai lavorato al COCIV, meno male, e quindi sono uno spettatore esterno. Quando scoppiò il caso inviai, senza saperlo, una email al mio capo non ricevendo alcuna risposta. All'oscuro di tutto, mi dissero che aveva dei problemi personali, pensai a una malattia, un incidente. Mai e poi mai avrei immaginato la verità: Corruzione, arrestato (Piersandro) nell'ambito dell'inchiesta COCIV e la corruzione da essa derivata.

Ora che non lavoro più per l'azienda e i tempi sono maturi, ora che non devo più aver paura di farmi tagliare virtualmente le gambe dagli amici degli amici che si preoccuperebbero per non farmi più assumere da nessuno, ora pubblico l'articolo, già pubblicato su Dagospia al quale allego l'ordinanza della procura sperando che il tutto possa servire a capire.

In Italia non cambierà mai nulla, godiamoci il momento e restiamo pronti per il prossimo scandalo. Niente di nuovo sotto al sole Signora Longari, direbbe un attempato Mike Bongiorno, buona lettura.

SE NON BASTAVANO I SOLDI SI PASSAVA AI RICATTI

Il sistema era, a suo modo, semplice e funzionava così. Sempre. Quale che fosse la grande opera da portare a termine (si fa per dire). E non era un Sistema nuovo, come le inchieste della Procura di Firenze nel 2010 avevano già documentato. Sfruttava l’inganno, il “baco” della Legge Obiettivo sulle Grandi Opere del 2001.

Quello per il quale il controllore (il direttore dei lavori) veniva scelto dal controllato (le aziende costruttrici). Giampiero de Michelis, ingegnere e direttore tecnico, ha potuto giocare così su due tavoli: su quello dei committenti dell’opera. Entrambi i tavoli, naturalmenete, erano truccati. De Michelis, il “mostro”, aveva anche un socio occulto, Domenico Gallo. Gallo guadagnava. De Michelis guadagnava.

I CERTIFICATI TAROCCATI

Il “mostro” era anche lo strumento con cui i mega consorzi di imprese truffavano lo Stato fingendo di non essere in ritardo. I due amministratori di Salini-Impregilo, Ettore Pagani e Michele Longo, ad esempio, promettono a De Michelis un pezzetto del business da 750 milioni dello stadio del Qatar a patto che lui sostituisca il Sal (stato di avanzamento lavori) di aprile 2015 con uno a loro più favorevole.

De Michelis obbedisce, i finanziamenti per 607 milioni di euro vengono sbloccati, tra l’altro riuscendo a far lievitare le spese del Sal di aprile da 18 a 61 milioni di euro stracciando documenti e fabbricandone di falsi. Stessa cosa per Pisa Movers, il general contractor cui fa parte anche Condotte: De Michelis tarocca i Sal inserendo opere che non erano nemmeno state ultimate.

GLI EREDI ILLUSTRI

Le regole truccate erano note a tutti e di noto c’era anche qualche cognome illustre. Quello di Giuseppe Lunardi, ad esempio. Figlio di Pietro, il potentissimo ex ministro delle Infrastrutture del governo Berlusconi. Con la sua Rocksoil Lunardi junior, indagato per corruzione, si era messo in linea con le aspettative del “mostro”, cui aveva promesso qualcosa della gara da 15 milioni bandita dalla Regione Friuli.

I due si vedono, almeno in un’occasione. «Lunardi mi è sembrato interessato, dobbiamo cominciare a fare cose insieme», dirà poi De Michelis. E chi era il capo di De Michelis, l’amministratore della Sintel da cui il “mostro” proveniva? Giandomenico Monorchio, il figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio. Monorchio jr è stato arrestato per alcuni contratti (uno da 288.000 euro, altri due da 40.000 e 20.000) che ha fatto assegnare alla Crono, società a lui riferibile.

Naturalmente anche De Michelis tiene famiglia: sua figlia Jennifer vuole lavorare nel mondo di papà. Le trovano un posticino nell’azienda Oikomodos per il quale si chiede un’ingegnere. «Non voglio fare incazzare nessuno — si lamenta un’imprenditore, tale Marchetti, con Enrico Pagani — ma lei non ha i requisiti che voi richiedete, c’è scritto che deve essere laureata... non è manco geometra». La ragazza rimane al suo posto. Perché l’imprenditore «vuole finire i suoi 54 milioni di lavori e portare a casa la pagnotta».

L’ORTICELLO DELL’AZIENDA

Il lessico familiare della corruzione, naturalmente, si arricchisce di nuove metafore. «Hai portato la mozzarella? », dicono tra loro. Il 16 dicembre 2014 l’imprenditore Antonio Giugliano incontra l’allora presidente del Cociv Pier Paolo Marcheselli. Prende una busta dalla tasca. «Ingegnè.... grazie mille... la paghetta....». Secondo i finanzieri di Genova, era una mazzetta. Poco prima, lo stesso Giugliano aveva consegnato un’altra busta a Maurizio Dionisi, responsabile appalti Cociv.

Era questa la flora e la fauna dell’”orticello” coltivato dalla combriccola. «Le aziende hanno un’orticello loro, però in joint venture con l’ingegnere (De Michelis, ndr)... se l’ingegnere fa alla lettera il suo lavoro, è meglio che rinunciano, che si buttano a mare», ricorda a tutti Domenico Gallo. L’”amalgama” funzionava così, è teoria criminale applicata agli appalti pubblici. Primo comandamento: non fare guerre. Gli amici devono essere tutti contenti. «Perché se ognuno tira e l’altro storce, non si va mai avanti».

L’AUTOSTRADA NON COLLAUDABILE

C’è un momento in cui De Michelis, però, storce. «Sembra un Marlin che sbatte la coda», dicono. Monorchio jr lo vuole tagliare fuori. «Sappi che da domani sei deposto da tutti quanti i ruoli che hai». È il 17 dicembre scorso. Lui ne parla con la moglie Perla, la quale conviene che è venuto il momento di battere il pugno sul tavolo. Ma non per fare giustizia. Per farla fare sotto ai compari della combriccola. Ha un dossier sull’Anas che riguarda i cantieri dell’A3 affidati alla Impregilo di Ettore Pagani.

Minaccia di farlo vedere al “maresciallo” della Finanza che indaga sui grandi appalti a Firenze nell’inchiesta “Sistema”. «Io le so tutte, e tenete conto di un’altra cosa allora che qua caschiamo, e tutta la Salerno-Reggio Calabria, dell’opera non collaudabile, dell’arbitrato... Ho le relazioni, di quando dovevate chiudere a 40 milioni. Ora qua o fate le persone per bene, completiamo il ciclo e poi mi mandate a fare in culo... perché così vi siete messi tutti d’accordo per mettermi in mezzo a una strada? Io mi difendo». E infatti, è rimasto al suo posto fino al giorno dell’arresto.

IL MOZZARELLARO

Il “mozzarellaro” arrivava da Afragola e negli uffici del Cociv di via Renata Bianchi, a Genova, ma non portava soltanto mozzarelle di bufala. Antonio Giugliano consegnava buste bianche, gonfie come mozzarelle, ma piene di banconote. E muto come un pesce per non farsi captare dalle intercettazioni ambientali, con le dita delle mani aperte indicava “dieci”. Diecimila euro.

Una tranche che secondo le indagini del Nucleo di Polizia Tributaria avrebbe tappato le bocche di Pietro Paolo Marcheselli e Maurizio Dionisi, dirigenti di Cociv. Il consorzio, general contractor del Terzo Valico per conto di Rfi, in cambio affidava appalti a Giugliano, titolare della “Giugliano Costruzione Metalliche”.

Che con ribasso di 35 euro rispetto al concorrente, si aggiudicava l’appalto di 2 milioni e 500mila euro per la fornitura relativa alle gallerie di Cravasco e l’innesto del Polcevera. «Missione compiuta... secondo le indicazioni ricevute!», esclamava Piersandro Tagliabue, membro del comitato tecnico del consorzio.

VIAGRA

Gli appalti finivano agli “amici”. Non solo distribuendo mozzarelle e mazzette. Anche offrendo escort brasiliane, notti sfrenate in un albergo del capoluogo ligure. Gallerie e pasticche di Viagra, regali e gare truccate. Le intercettazioni dell’inchiesta dei pm Francesco Cardona Albini e Paola Calleri (coordinata dall’aggiunto Vincenzo Calia) regalano passaggi a luci rosse. Come quando l’imprenditore di “Europea 92”, Marciano Ricci, per cercare di assicurarsi l’appalto per la galleria Vecchie Fornaci (affidamento che poi non si materializza), paga a Giulio Frulloni, coordinatore costruzioni del Cociv, una prostituta.

Organizza dopocena hot, e per cercare di convincerlo, gli dice che non sarà solo, che è stato invitato anche Ettore Pagani, il vice presidente del consorzio. È tutto pronto, Denise e Morena sono già state contattate e disponibili a farsi trovare all’interno della suite. Lui deve solo aprire la porta. «Senti, ho due amiche brasiliane nere. Ti piacciono nere?». Frulloni ride, risponde con titubanza: «No... mi fanno schifo... ». Anche se Ricci ha subito una soluzione di riserva. «...O bianche, bianche!».

Notti euforiche. Frulloni parla con un altro imprenditore, genovese, che è nel giro delle grandi opere. «Pronto dove sei? Io sono con Ricci: andiamo a figa!». «Beati voi, c’è qualcosa per me?». E Ricci: «I soldi ce li spendiamo in mignotte». E l’altro: «Le pasticche ce l’hai?».

Ordinanza applicativa di misure cautelari

2017/06/27

Facciamo un test


1) Secondo voi è normale che quasi tutti gli italiani sappiano tutto della doverosa indagine per abuso e falso sulla sindaca Virginia Raggi per la nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele, a capo della Direzione Turismo del Comune di Roma, e quasi nessuno sappia nulla dell’indagine per favoreggiamento e rivelazione di segreti sul ministro Luca Lotti e sul comandante dei Carabinieri Tullio Del Sette, accusati di aver avvertito i vertici Consip dell’inchiesta su un appalto truccato da 2,7 miliardi (il più grande d’Europa), così che quelli ripulirono gli uffici dalle microspie?*

2) Secondo voi è normale che chi sa tutto di chi accusa Raggi e Marra non sappia nulla di chi accusa il ministro Lotti e il generale Del Sette, e cioè altri due renziani come l’Ad di Consip Luigi Marroni e il presidente di Publiacqua Umberto Vannoni, né delle conseguenze: e cioè del fatto che, essendo stati confermati ai loro posti i due accusati e i due accusatori (Lotti, Del Sette e Marroni dal governo, Vannoni dal sindaco Nardella), o abbiamo due delinquenti al ministero dello Sport e al vertice dell’Arma, o due calunniatori ai vertici di Consip e Publiacqua?

3) Secondo voi è normale che chi sa dell’inchiesta sulla Raggi per abuso e falso non sappia che da due anni il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, è indagato per corruzione e turbativa d’asta in Mafia Capitale (con richiesta di archiviazione) e si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti ai giudici del processo Mafia Capitale che tentavano di interrogarlo?

4) Secondo voi è normale che l’ex assessore Paola Muraro sia stata crocifissa con 400 articoli di giornali, associata anche da Renzi a Mafia Capitale per aver lavorato come consulente dell’Ama con vari dirigenti, tra i quali alcuni poi finiti in Mafia Capitale, mentre Giuliano Poletti, che andava a cena con Buzzi, Panzironi, Casamonica e Alemanno, ora tutti imputati per Mafia Capitale, è stato promosso dal Pd a ministro nei governi Renzi e Gentiloni?

5) Secondo voi è normale che l’Anac, cioè l’Autorità nazionale anticorruzione diretta da Raffaele Cantone, abbia denunciato la Raggi alla Procura di Roma per un conflitto d’interessi non suo, ma dei fratelli Marra, e non abbia fatto altrettanto con la Procura di Milano per i conflitti d’interessi di Giuseppe Sala, che si faceva progettare una villa in Liguria da architetti impegnati con vari incarichi all’Expo e, da sindaco di Milano, ha nominato assessore al Bilancio il suo socio in affari?

6) Secondo voi è normale che, mentre denunciava la Raggi alla Procura, Cantone rilasciasse interviste a tutti i quotidiani per difendere ed elogiare Sala appena indagato a Milano per falso ideologico e materiale sul più grande appalto di Expo, quello della “piastra” su cui sorsero i padiglioni, dicendo che “il dott. Sala è sempre stato corretto, leale e disponibile”, che le accuse sono lievi (“non si applica in modo automatico la legge Severino, nemmeno in caso di condanna, perché tecnicamente non sono reati da Pubblica amministrazione… non stiamo parlando di corruzione”) e “l’iscrizione nel registro degli indagati appare come un atto dovuto e non contiene tecnicamente nessuna valutazione di responsabilità”?

7) Secondo voi è normale che, nella Repubblica fondata sui conflitti d’interessi, l’unico conflitto d’interessi che produce un’inchiesta penale sia quello dei Marra accollato alla Raggi, e nella stessa Procura che ha appena chiesto di archiviare l’indagine Tempa Rossa sull’emendamento pro-petrolieri sollecitato dal lobbista Gianluca Gemelli alla sua compagna, la ministra Federica Guidi, e puntualmente infilato nella legge di Stabilità dal governo Renzi?

8) Secondo voi è normale che, come la Raggi risponde del conflitto d’interessi dei Marra, Renzi non risponda del suo con Marco Carrai che, da sindaco di Firenze, lo ospitava gratis in uno dei suoi appartamenti e fu poi nominato dalla giunta Renzi al vertice di Firenze Parcheggi e Aeroporti Firenze, dopidiché il governo Renzi tentò di promuoverlo a capo della Cyber-security di Palazzo Chigi (tentativo fallito solo per il diniego di Mattarella)?

9) Secondo voi è normale che politici e giornaloni imputino alla Raggi di aver sbagliato a fidarsi di Marra, dirigente incensurato e mai indagato, in seguito arrestato per fatti di quattro anni fa, e non contestino a Sala una ben più grave culpa in eligendo, visto che tutti i suoi principali collaboratori a Expo sono finiti in carcere o sotto inchiesta e che nella sede di Expo circolavano liberamente celebri pregiudicati di Tangentopoli stranoti alle cronache come Greganti e Frigerio, truccando gare d’appalto senza che l’acuto Ad, commissario e sindaco li riconoscesse?

10) Secondo voi è normale che tutti quelli che nel 2012 plaudivano a Mario Monti perché aveva ritirato la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020 abbiano lapidato Virginia Raggi per aver ritirato la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024?

11) Secondo voi è normale che, quando Grillo e Di Battista chiedono l’espulsione dei migranti irregolari, peraltro prevista dalle leggi italiane ed europee, vengano additati come fascisti, trumpisti, lepenisti e leghisti, mentre quando il ministro dell’Interno Minniti annuncia “raddoppieremo le espulsioni di migranti irregolari” venga elogiato per la sacrosanta difesa della legalità e della sicurezza?

Se, secondo voi, è tutto normale, avete sbagliato quotidiano e noi dobbiamo farci visitare. Se invece, anche secondo voi, qualcosa non torna, state leggendo il giornale giusto.

Dall’editoriale di Marco Travaglio, pubblicato su “Il Fatto Quotidiano”

2015/03/07

Soldi Sporchi


Quando si guarda a fondo in questioni di corruzione, spesso la realtà va ben oltre la fantasia. Lo scandalo Mose-Expo degli ultimi mesi in Italia ne è prova tangibile. Una Mani Pulite 2, molto più elaborata e articolata, ha mostrato la corruzione sistemica dei controllori e dei super-manager e non solo dei controllati o dei soliti politici di turno. In questo caso tutte le parti in causa hanno avuto un ruolo preciso, senza distinzione tra “buoni e cattivi”. Dalla guardia di finanza al Magistrato delle Acque, ai vari super manager governativi dell’Expo nel gioco a premi fatto di corrotti e corruttori c’era spazio per tutti. Insomma un sistema altamente delinquenziale, che non risparmia nessuno, tranne quei magistrati coraggiosi che pazientemente lo indagano e poi smascherano.

Ma basta spostare la prospettiva e il punto di osservazione verso il Sud del mondo che tutto il “sistema” salta. Almeno agli occhi dell’opinione pubblica dominante, imboccata da media poco attenti, quando non del tutto assenti. In Nigeria, secondo questa logica, la corruzione è causata da avidi politici nigeriani che affamano il loro popolo tenendo per sé i proventi del petrolio. Addirittura estorcendo denaro alle “povere” multinazionali petrolifere occidentali, costrette a subire pur di lavorare e creare ricchezza oltre-confini, perché ovviamente quelle cinesi, di multinazionali, sono ancora più corrotte degli stessi politici nigeriani. Il risultato è un enorme ginepraio di luoghi comuni, disinformazione e scarica barile con cui i governi occidentali e i loro probi governanti possono lavarsi mani e coscienza invocando una assoluta estraneità ai fatti. Ipocrisia senza quartiere per alcuni, arte della diplomazia e della politica secondo altri. Appunto, basta spostare prospettiva e punto di osservazione.

La storia vera che questa graphic novel racconta è quella di un onesto cittadino nigeriano che, come tanti, crede che ci vogliano due partner consenzienti per ballare il tango della corruzione. In alcuni casi il maschio tanghero che guida lo show è occidentale, nigeriana invece – e ovviamente non priva di responsabilità – è la consenziente ballerina.
Dotun Oloko, il protagonista inconsapevole di questa spy story fatta di corruzione, giochi di potere, fiumi di denaro e violenza, ha bussato alle porte di tutti i finanziatori pubblici occidentali per allertarli, metterli in guardia e indurli a intervenire per prevenire una delle più grandi frodi internazionali con soldi pubblici degli ultimi anni. Una denuncia senza quartiere che lo ha portato lontano dalla sua terra. Giocatore involontario di un complicato Risiko tra Africa, Stati Uniti ed Europa, dove nulla è più distinguibile, dove esistono solo nemici da cui guardarsi.

In questo gioco molto più grande di lui, Dotun ha scoperto che non vi è alcun vero interesse a porre fine alla corruzione e allo sperpero di fondi pubblici, a Londra come a Bruxelles. E che chi disturba il controllore, come ha fatto lui, poi finisce nel mirino dei corrotti con il tacito consenso dei finanziatori pubblici. Questa inquietante realtà è stata recentemente certificata dal garante europeo per la privacy, che ha fatto emergere come, dopo aver presentato l’esposto, Dotun e i suoi figli fossero stati   sistematicamente spiati da investigatori privati assoldati dai manager del fondo di private equity tramite cui i governi occidentali hanno investito in Nigeria. L’ufficio anti-corruzione europeo (Olaf) alla fine ha chiuso le sue indagini sul caso con un nulla di fatto, ma la stessa indagine è stata riaperta quest’anno dal Serious Fraud Office inglese, dimostrazione che anche tra i controllori europei pare esserci qualche problema.

La tenacia e il coraggio con cui Dotun si è tuffato nello scandalo ECP non si è però limitata a questo. Insieme a Re:Common, Global Witness e The Corner House Dotun ha aiutato a ricercare e poi formulare un esposto alle autorità inquirenti di Regno Unito, Stati Uniti ed Italia sulla mega tangente di più di un miliardo di dollari che l’ENI e la Shell avrebbero pagato al governo e a vari trafficanti nigeriani e italiani per la licenza del campo petrolifero offshore Opl245. Anche in questo caso le indagini che ne sono scaturite, fino al blocco senza precedenti di più di 200 milioni di dollari dell’ENI a Londra e in Svizzera da parte della Procura di Milano, hanno dimostrato addirittura la possibilità che vi fosse una cospirazione da parte del senior management dell’ENI per defraudare la stessa società – ancora in parte pubblica – beneficiando di una parte della maxi stecca.

Lo scorso settembre la nuova indagine sul cane a sei zampe da parte della Procura di Milano è stata ampiamente riportata da tutti i media italiani e internazionali, e il primo ministro Renzi si è subito sperticato in una difesa (azzardata?) del nuovo amministratore delegato dell’ENI da lui nominato, pur se coinvolto fino al collo nella vicenda. La giustizia farà il suo corso, come si dice sempre in queste occasioni. Ma è importante aggiungere che anche la giustizia sociale perseguita dalla società civile lo continuerà a fare, ispirata dall’operato di persone come Dotun Oloko che, mettendoci la faccia, sfidano i veri poteri forti nel tango corrotto che costoro “insistono” a ballare indisturbati, in Italia come in Nigeria.

La lotta alla corruzione non ha bisogno solo di super-commissari e leggi a tolleranza zero – seppur necessarie – o di una cooperazione effettiva tra le autorità dei vari paesi che oggi è ancora un miraggio: oggi più che mai serve una società civile libera e indipendente che combatta in prima linea senza fare sconti a nessun governo, chiedendo e sostenendo l’azione della magistratura e dando voce e protezione a gole profonde così come a chi voce non ce l’ha. A partire dai milioni di diseredati del Delta del Niger in Nigeria, la cui vita è stata e continua a essere saccheggiata da governi corrotti e multinazionali “tanghere” del petrolio.